La selezione del personale è uno dei principali (e più conosciuti) processi che fanno parte del mondo HR. È un momento fondamentale per la crescita e lo sviluppo di ogni azienda ed è importante scegliere le persone giuste che entreranno a far parte della nostra realtà. In un processo di selezione entrano in gioco tanti fattori diversi ed è necessario conoscere eventuali bias cognitivi in cui un selezionatore può incorrere. In questo articolo vediamo insieme cosa sono i bias, alcuni dei principali errori di valutazione più diffusi e come evitare che questi bias influenzino la selezione. 

Bias cognitivi: la definizione 

I bias cognitivi sono quelle distorsioni che si verificano nel processo mentale di giudizio di fatti e persone. In poche parole, rappresentano la tendenza di un individuo a creare la propria visione soggettiva delle cose, che non necessariamente corrisponde alla realtà. I bias possono portare a compiere errori di valutazione e all’incapacità di fornire un giudizio oggettivo. È chiaro quindi che in un ambito come quello della selezione del personale è facile incappare in un errore del genere. Di seguito vediamo alcuni dei principali errori di valutazione che possono verificarsi nella selezione. 

Esempi di bias cognitivi nella selezione 

Effetto alone 

L’effetto alone si ha quando una singola caratteristica di una persona si estende (come un alone, appunto) fino a influenzare completamente la percezione che gli altri hanno di lei. Se la persona che stiamo colloquiando, per esempio, si presenta bene e ha ottime proprietà di linguaggio, potremmo essere influenzati positivamente e valutare la persona come adatta a quel ruolo, pur non avendo indagato a sufficienza la sua esperienza. Al contrario, se venissimo influenzati negativamente da un particolare tratto del candidato, potremmo essere spinti a valutare la persona come non adatta, nonostante sia potenzialmente valida per quella posizione. 

Effetto primacy e recency 

Si verificano quando ci facciamo influenzare maggiormente da ciò che avviene all’inizio (primacy) o alla fine (recency) di un colloquio. Questo perché, da una parte, la nostra mente è più attenta nei primi momenti; dall’altra, tende a ricordare di più le ultime informazioni disponibili. Soprattutto l’effetto primacy è molto difficile da controllare, perché è naturale crearsi una prima impressione nel momento in cui ci interfacciamo con una persona nuova. Il rischio è quello di condurre il colloquio andando a cercare, anche in modo forzato, elementi che confermino la nostra impressione.  

Effetto indulgenza e severità

Come si può facilmente intuire, questi due bias si verificano quando il selezionatore è eccessivamente clemente o, al contrario, intransigente rispetto alle caratteristiche necessarie per assumere la posizione. L’effetto indulgenza può verificarsi più spesso in situazioni in cui, ad esempio, si ha una certa fretta nel voler occupare il posto vacante per cui si fa una valutazione sommaria e superficiale rischiando di assumere una persona non adatta al ruolo. Al contrario, l’effetto severità si può manifestare più spesso nella ricerca di profili molto elevati e qualificati: qui il rischio è quello di volere un candidato che corrisponda perfettamente a tutti i requisiti richiesti, scartando a prescindere chiunque abbia anche solo una caratteristica “fuori posto”. 

Effetto framing 

Questo bias ci porta a credere di avere già un quadro definito del candidato che abbiamo di fronte, magari sulla base del CV che abbiamo attentamente letto. Questo ci spingerà a porre domande molto specifiche in modo da indirizzare la sua risposta per farla corrispondere all’idea che ci siamo fatti. La conseguenza è che la persona ci dirà ciò che vogliamo sentirci dire, il che non necessariamente corrisponderà alla realtà. 

Effetto di contrasto 

Si verifica nel momento in cui percepiamo maggiori o minori differenze rispetto a quelle effettive in seguito all’esposizione a qualcosa che presenta caratteristiche simili. Il rischio principale è che quando si pensa di aver già individuato il candidato ideale, si smette di valutare oggettivamente i candidati successivi perché tanto, convinti di aver già fatto la scelta migliore, nessuno ci sembrerà più in grado di fare di meglio. In questo modo si esclude, di fatto, l’opportunità di valutare in modo equo tutti i candidati. Al contrario, può succedere che dopo una serie di candidati sotto la media, un candidato appena sopra ci sembri eccellente perché confrontato ai precedenti. 

Come evitare di farci influenzare dai bias cognitivi nella selezione?

Effettuare una valutazione totalmente oggettiva e imparziale di ogni candidato che ci troviamo davanti sarebbe impossibile. Possiamo però minimizzare i danni causati da questi bias. Come? Il primo passo per poterli prevenire è riconoscerli, ecco perché abbiamo scritto questo articolo. Mettersi in discussione e comprendere di non essere perfetti e poter quindi cadere in queste trappole mentali è la chiave per affrontarle.  

Inoltre, possiamo prendere qualche altro piccolo accorgimento come, ad esempio, avere due recruiter presenti al colloquio. Questo richiede certamente un maggiore dispendio di energie, ma ci permette di minimizzare i rischi avendo due punti di vista diversi sull’intervistato.  

Infine, un’adeguata formazione ai nostri recruiter rispetto alle modalità di conduzione dei colloqui di selezione riduce la probabilità di commettere errori di valutazione. E se la tua azienda non ha un reparto HR interno meglio affidarsi a dei professionisti!

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