La formazione è un tema sempre più cruciale per l’HR: le aziende la utilizzano come strumento per potenziare le competenze delle persone, creando così un ecosistema di valore e un aumento della loro attrattività. Si tratta di un abilitatore dei cambiamenti perché si traduce in un cambio dei modi di vivere e lavorare; l’accelerazione oggi sta avvenendo su diversi fronti, anche grazie ai fondi del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) che, insieme con il Fondo Nuove Competenze, incentivano questa transizione.
I temi sono stati affrontati durante l’evento 𝐼𝑙 𝑠𝑎𝑙𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑓𝑜𝑟𝑚𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒, organizzato a Milano da HRLink. Da quanto emerge, lo scenario generale oggi è positivo e il mercato risulta in fermento. Secondo i dati Istat di aprile 2023 l’occupazione cresce dello 0,2% (pari a 48mila unità) per donne, dipendenti permanenti, autonomi, giovani e per chi ha almeno 50 anni; cala, invece, tra i dipendenti a termine e le persone di età compresa tra i 25 e i 49 anni. Il tasso di occupazione generale sale al 61,0%.
In questo scenario, la criticità risiede nella ricerca delle risorse. Il potenziamento delle competenze è necessario per fronteggiare il cambiamento; in particolare, una richiesta è quella di intervenire sui dirigenti e i quadri apicali. Sono loro che devono cambiare il loro modo di lavorare, assumendo il ruolo di leader, accompagnando le persone a cambiare i loro comportamenti in maniera duratura nel tempo e divenendo per loro un punto di riferimento.
Accumulare e generare sapere con le Academy aziendali
Per potenziare le competenze, le Academy aziendali sono un potente mezzo per veicolare la formazione e per lo sviluppo di competenze sia tecniche sia trasversali. Ed è proprio sulla classe dirigente che bisogna in primis agire, per promuovere un modello che tenga conto di hard e soft skill, con attenzione sia al sapere tecnico sia relazionale; è il pensiero di Paolo Iacci, Founder & Board Member di Fondazione AIDP Lavoro e sostenibilità ERS, Professore a contratto, Cattedra Gestione delle Risorse Umane dell’Università degli Studi di Milano, intervenuto durante l’evento: “È fondamentale che i leader oggi siano in grado di mettersi in discussione e di riconoscere i propri limiti”. Solo “sapendo di non sapere”, si può aumentare la conoscenza.
Per questo, le academy sono, secondo Iacci, una possibilità di accumulo e di generazione di sapere: devono produrre conoscenza, non solo trasmetterla, e in questo chi ‘guida’ ha una funzione fondamentale. C’è necessità, oggi, di una leadership autentica; occorre puntare sulla formazione di persone ‘open minded’ che possano dirigere l’impresa in modo consistente in un contesto in cui i paradigmi stanno cambiando sempre più velocemente. Avendo chiari, al contempo, gli obiettivi finali; ovvero, il purpose.
Come si direbbe oggi, oltre all’utilità di una leadership rinnovata in linea con i valori aziendali e che punti al potenziamento delle performance, puntare sulle Academy può rientrare anche in una strategia di employer branding: in questo modo, si potenzia la distintività dell’organizzazione e aiuta a posizionarsi in un determinato mercato di riferimento.
La formazione per allenare il cambiamento
La capacità di farcela e portare un cambiamento dipende dall’elasticità della mente sul cambiare punti di vista; come ha evidenziato Paola Gonella, Formazione formatori Responsabile Area Soft Skills Informattiva e Co-Founder The Camelot Institute of Human Interactions, questo è un fattore critico: “Se una persona pone resistenza, è inutile forzare; occorre allenare alla flessibilità e accompagnare verso l’obiettivo da raggiungere”.
Per farlo, è necessario offrire contenuti e mappe di riferimento, spiegare e raccontare. Ma anche prendere tempo, acquisire sempre nuove informazioni, cambiare punti di vista, fare esperienza insieme alle persone e coinvolgere emotivamente. E così formatori e formatrici sono chiamati a guidare verso l’ignoto: per lavorare con il pensiero laterale occorre essere competenti e avere competenze sia soft che hard. E questo può avvenire con una buona formazione.
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